Dal 5 maggio al 2 luglio 2022, la Biblioteca Nazionale Braidense di Milano mette in mostra una corposa selezione dei volumi antichi appartenuti alla collezione privata di Umberto Eco. I tomi vennero acquisiti dal Ministero della Cultura nel 2018 in seguito ad un accordo con i familiari dello scrittore e professore scomparso pochi anni prima.
"Cosa fare della propria biblioteca quando si muore? Per quel che concerne la mia collezione, ovviamente, non vorrei venisse dispersa..." scrive Eco nel suo Non sperate di liberarvi dei libri. Così sarà.
Questa della Braidense è per tutti noi un'occasione straordinaria: oltre mille libri, tra cui 36 incunaboli stampati prima del 1500, il cui valore economico complessivo raggiunge certamente una cifra astronomica. Superfluo soffermarsi sul valore iconico e culturale dell'operazione.
L'interesse verso questa mostra è suscitato anche dal fatto che molte delle opere esposte sono state il vero ed imprescindibile strumento di lavoro per Eco durante la stesura dei suoi saggi e dei suoi romanzi. Tutto ciò chiarisce definitivamente la stretta correlazione tra le attività di ricerca accademica, la creazione di storie e gli interessi bibliofili di Umberto Eco.
A rendere ancora più imperdibile la mostra, concorre la scelta, presa della biblioteca milanese, di ricostruire lo “Studiolo” del professore, preservando il più possibile la collocazione originaria dei libri che lo stesso Umberto Eco aveva deciso all'epoca in cui li collocò nella sua casa affacciata sul Castello Sforzesco di Milano.
Non tutti sanno che per iniziare a realizzare il suo sogno di una personale “Biblioteca curiosa, lunatica, magica et pneumatica”, Eco fu costretto ad aspettare il momento giusto.
Visto il valore dei volumi rari e di pregio che il professore bramava, gli sarebbero infatti servite ingenti risorse economiche per avviare la creazione di una vera e propria collezione. È cosa nota che, nel mercato dell'antiquariato italiano e internazionale, non si fanno sconti a nessuno.
Con l'arrivo degli anni '80 quel momento finalmente arrivò. Un flusso sempre più consistente di denaro iniziò a confluire nei conti del professore. Erano i guadagni legati alla pubblicazione del suo libro più celebre, avvenuta nel 1980 ad opera di Bompiani.
È stato lo stesso Umberto Eco a rivelarlo: “Il collezionismo dei libri antichi è cominciato quando ho scritto Il nome della rosa. Visto che ho guadagnato con un libro, ho speso i soldi in altri libri”.
Oltre cinquanta milioni di copie, tradotte in più di quaranta lingue, oggi fanno capolino tra gli scaffali di lettori sparsi in tutto il mondo.
Molte, molte meno sono invece le copie che circolano di un piccolo libricino, scritto sempre da Eco, i cui interessantissimi contenuti sono indissolubilmente legati al suo bestseller internazionale. Questa chicca di 45 pagine, pubblicata nel 1984, si intitola POSTILLE A IL NOME DELLA ROSA.
In questo breve saggio, l'autore illustra il percorso letterario che lo ha portato alla stesura del suo celebre romanzo, fornendo chiarimenti su alcuni aspetti concettuali legati alla sua opera. Chi ha amato Il nome della rosa, non resterà deluso dalla lettura delle sue postille.
Tornando al sogno di Eco di creare la sua biblioteca, possiamo ragionevolmente affermare che si è trattato di un sogno non completato del tutto. Mi piace immaginare Borges gridare "Ovvio, si tratta di un sogno impossibile da realizzare!". Il compianto professore di Alessandria concorderebbe al cento per cento perché, per questi due giganti del '900, la biblioteca è un'entità infinita. Chiudo con un azzardo, modificando un celebre passaggio de Il nome della rosa:
«Mi avvedevo ora che si possono sognare anche dei libri,
e dunque si possono sognare
DELLE BIBLIOTECHE»
© Tutti i diritti riservati.
© All rights reserved.
Comments