Ovvero, un inno alla complessità dell'animo umano, nonché la versione di latino che un liceale ha sempre sognato di tradurre.
Sul finire degli anni ’40, nella Francia di Sartre e di Aragon, la scrittrice Marguerite Yourcenar ebbe l’idea geniale di dare voce, con la sua penna, all’imperatore romano Adriano donandogli profondità, senso del dovere e filosofico pessimismo. Così, nacquero le Memorie di Adriano.
Nella Roma del II secolo d.C. l’anziano e morente imperatore scrive una lunga lettera indirizzata al diciassettenne Marco Aurelio, suo amico, nipote adottivo ed erede designato. Il resto lo lascio alla vostra lettura perché le recensioni non devono anticipare i contenuti del l'opera ma solo trasmettere le impressioni di chi le scrive.
Con quest'opera la Yourcenar ha il merito di ricordarci l’importanza di un tratto dell’essere umano che, indubbiamente, oggi manca alla maggior parte degli statisti e degli uomini di potere: la capacità di mettersi in discussione raccontando le proprie debolezze.
Leggendo questo romanzo, lo stile forbito ed elegante della Yourcenar, ci riporta in un’epoca che, in fin dei conti, non sembra così lontana dalla nostra, preda di vizi, corruzione e figure vacue senza nessun carisma.
In questo viaggio alla continua ricerca di pregiudizi da smentire e consuetudini da abbandonare, guai a farsi intimorire dall’apparente complessità del testo.
Credetemi, mai come in questo caso, immaginare di aver ragione troppo presto significherebbe aver torto.
© Tutti i diritti riservati.
© All rights reserved.
Comments