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Maputo

In questi plumbei giorni d'autunno, quando il cielo viene monopolizzato da grosse e livide nuvole cariche di pioggia, è bello immaginarsi altrove.

Magari in un altro continente.

Magari in quella vasta e antichissima regione del mondo divenuta sogno della moltitudine dopo che una baronessa danese, rifugiatasi ai piedi delle colline di N'Gong, dipinse il suo personale affresco di vita sulle pagine di un diario divenuto poi romanzo.

Magari sulla costa orientale, quella che scorge per prima il sorgere del Sole nonostante il vicino Madagascar che, stagliandosi all'orizzonte, nei primi istanti del mattino prova a frapporsi tra il Mozambico e la luminosa e remota stella.

In Mozambico si.

Magari a sud del Paese, nel cuore pulsante della capitale Maputo.

Giungere in città e scegliere una delle tante case costruite lungo la costa.

Entrare e posizionarsi a qualche passo dai vetri di una grande finestra affacciata sulla baia che, più a est, scaraventa gli umori dell'Africa nell'Oceano Indiano.

Qui osservare fuori, fantasticando su quel ciclopico palcoscenico d'acqua narrato nei Racconti di mare e di costa e in tante altre vicende frutto dei ricordi e della fantasia di Conrad.

Immerso in una quiete che ha dell'implacabile, contemplare un mare che, al sopraggiungere dell'alba, sembra acquisire i connotati di un luogo metafisico.

E poi cedere ad un improvviso fremito di impazienza, annunciatore di cosa sia davvero il breve e intenso attimo di un pezzo di vita vissuto pienamente.

Infine, desiderare di essere sulla tolda di una nave condividendo quanto scritto da Joseph nel suo Il negro del "Narciso".

La vera pace di Dio comincia in qualunque punto a mille miglia dalla terra più vicina.



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