Nell'ipotesi remota di naufragare su un'isola deserta, la lista delle opere che spererei di trovare nel baule arenato con me sulla spiaggia, conterrebbe certamente Macbeth, la tragedia più breve tra quelle prodotte dallo straordinario talento di William Shakespeare. Tra le sue pagine, l'autore si abbandona all'immaginazione come non mai. Macbeth, cugino di un re buono, giusto e amato dal popolo, ci viene inizialmente presentato come un generale straordinariamente prode, un condottiero pieno di onore e valore. Ma Macbeth è anche malato e il suo malanno si chiama ambizione. Il fuoco della sua autoaffermazione, sul quale soffia Lady Macbeth, altro straordinario personaggio, è così veemente da incenerire qualsiasi timore di commettere un crimine. Così, Macbeth diventa autore di un regicidio, punto iniziale di una crescente spirale criminogena che lo risucchierà nell'abisso. Il nobile assassino non è banalmente catalogabile come eroe-cattivo. Egli soffre sapendo di compiere azioni malvagie e nel sentirsi spinto a compierne via via di peggiori. Il male. Non quello assoluto, totale e ripugnante. No, il male messo in scena da Macbeth ha come sinonimo la parola grandezza. Il male che persegue, fuoco innescato dalle tre streghe fatali e sul quale soffia impetuosamente Lady Macbeth, ha come scopo la ricerca del dominio e della potenza sovrana ed è sintetizzato perfettamente con «ciò solo esiste che non esiste».
Le parole e i pensieri del valoroso uomo militare scozzese, occupano buona parte dei versi presenti nella tragedia. Leggendola, entreremo nelle profondità del cuore oscuro del suo protagonista. Le sue visioni e la sua preveggenza collegata all'influsso delle tre streghe, rendono questo personaggio il più occulto tra quelli partoriti dalla mente del leggendario drammaturgo inglese. Seguendo le vicende del regicida Macbeth, lo accompagneremo durante il suo cammino verso la rovina. Lo osserveremo precipitare nella sua personale discesa agli inferi.
L'energia soprannaturale che aleggia in tutto il dramma e che pervade il suo protagonista è qualcosa di straordinario, indimenticabile e difficilmente descrivibile. Quest'opera è un affresco notturno e sanguinario, probabilmente la più terrificante ma, almeno per il sottoscritto, anche la più eccelsa tra le composizioni del Bardo di Avon. Tali sono l'influenza e i timori scaturiti dalla sua lettura, che nell'ambiente teatrale anglo-sassone, il Macbeth è stato spesso considerato di malaugurio al punto da portare alcuni attori a non citarlo mai esplicitamente, preferendo un più neutrale «la tragedia di Scozia».
E' coerente reagire alla lettura del dramma con terrore, anche perché quando siamo dentro le sue pagine, Shakespeare non ci mette a disposizione luoghi in cui rifugiarci. Leggetelo e accompagnate Macbeth l'usurpatore vivendo con lui le sue angosce e le sue paure fin quando «quel che è fatto, è fatto». Ma forse, a pensarci bene, anche oltre.
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