A pochi passi dalla leggendaria Prospettiva Nevskij, in un appartamento che affacciava sulle rive del fiume, Aleksandr Puškin, il più grande poeta russo, mise insieme la sua biblioteca privata composta da circa quattromila volumi.
Di questi, meno di cinquecento erano russi. Buona parte erano infatti di letteratura straniera: Shakespeare, Machiavelli, Dante, Byron.
Quando Georges d’Anthès, un’ufficiale francese della guardia russa a cavallo, provò a sedurre Natalia, la moglie di Puskin, quest’ultimo non esitò a sfidarlo a duello.
Il 27 gennaio 1837 il poeta fu ferito al basso ventre dalla pallottola sparata da d’Anthès. I suoi amici lo caricarono subito su di una slitta riportandolo velocemente nel suo appartamento.
Due giorni dopo la situazione si era fatta disperata. Esistono varie versioni circa le ultime parole pronunciate da Aleksandr Puškin. Eccovi la più suggestiva.
Pare che, rivolgendosi al suo amico medico Vladimir Dahl, abbia detto: “Ho sognato che mi stavo arrampicando con te su per questi libri, questi scaffali, in alto” e che poi abbia rivolto l’ultimo sguardo alla sua libreria sussurrando “Addio, amici”.
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