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La casa di carta (no, non quella)

La casa di carta è un tributo viscerale alla strana, appassionata e a volte un po' malata, relazione tra le persone e i loro libri.

Questo piccolo gioiello partorito dallo scrittore e critico letterario argentino Carlos María Domínguez vide la luce nel 2001, ma le sue 85 pagine sbarcarono in Italia solo nel maggio del 2011 grazie alla sempre attenta casa editrice Sellerio.

Ricordo di essermi imbattuto in questa storia per puro caso. Tra le pagine del mirabile I fantasmi delle biblioteche di Jacques Bonnet, tirato fuori a caso dallo scaffale dei miei metalibri (per approfondire la cosa, basta digitare "metalibri" nel motore di ricerca di questo sito), il racconto argentino veniva spesso citato con grande entusiasmo, in quanto sintesi pressoché perfetta di cosa vuol dire realmente essere affetti dal Morbo di Gutenberg, una malattia capace di prosciugare rapidamente il tuo portafogli e, nei casi più gravi, di portarti alla perenne depressione da bulimia di libri, fino a staccare completamente la spina con il resto dell'umanità.


"Lei immagini un uomo che abbia a disposizione l’intera giornata e, se vuole, l’intera notte. E il denaro per comprare tutti i libri che desidera. Non conosce limiti. E’ alla mercé del proprio desiderio."


È anche a causa della lettura di questo racconto se, a suo tempo, decisi di inserire il termine "squattrinato" all'interno del titolo del mio diario online. Volevo giocare su un concetto molto sentito dai bibliofili (che è poi diventato una sorta di claim del sito stesso): grandi ambizioni bibliofile ma pochi quattrini per soddisfarle in pieno.

La storia della bibliofilia ci racconta che, questo genere di frustrazione, può avere ripercussioni davvero pericolose sulla vita di alcuni. Credetemi.

Ma torniamo al lavoro di Domínguez. Incuriosito, mi misi alla ricerca del libricino che, purtroppo, pareva essere diventato abbastanza difficile da trovare. Fui costretto a pagarlo circa il triplo del suo valore di copertina. Per restare in tema, il desiderio di possederlo e leggerlo era troppo elevato.

Oggi mi viene da sorridere (amaramente). Ultimamente, il volumetto è tornato disponibile ovunque e venduto al suo prezzo iniziale di 10€. Sono pronto a scommettere che il merito è anche di Netflix.

L'enorme successo della seguitissima serie La casa di carta, trasmessa dal gigante americano dello streaming, evidentemente in questi anni ha reso viralissima la frase sui motori di ricerca. Moltissimi, saranno stati gli utenti web che, digitando il titolo della serie tv, si saranno trovati davanti il libro di Domínguez (in realtà quanto di più lontano ci possa essere da una intrecciata, surreale e un bel po' forzata storia di rapinatori).

Probabilmente, per nostra fortuna, tutto questo avrà convinto la Sellerio ha tirare fuori le copie invendute stoccate nei magazzini sfruttando, indirettamente, gli effetti positivi derivanti dalle parole in tendenza su Google.

Quello edito dalla casa editrice palermitana, è un racconto pervaso da quella sorta di sudamericano e affascinante realismo magico di borgesiana memoria. Questo sottile volume avrebbe certamente trovato un posto tra gli scaffali di Italo Calvino, Dino Buzzati e Umberto Eco. Un flusso narrativo dalle cui pagine strabordano indimenticabili concetti sul senso dei libri e sul legame che spesso si crea con chi li legge e colleziona.


"Nessuno vorrebbe perdere un libro. Preferiamo perdere un anello, un orologio, l’ombrello, anziché il libro che non rileggeremo ma che serba, nella sonorità del titolo, un’antica e forse perduta emozione."


Volutamente non scriverò nulla della trama. Domínguez è riuscito a compattare in poche pagine un tour in prima classe all’interno del mondo dei libri che il lettore deve affrontare nudo, spogliato da qualsiasi anticipazione o preconcetto.

Vi basti sapere che il memorabile incipit, facendoci fare lo slalom tra Emily Dickinson e la morte, da solo vale il prezzo del libro. Non esagero.

Con il suo racconto, l'autore argentino pare volerci ricordare come un singolo libro sia in grado di collegare il lettore ai precedenti proprietari. È come se alcuni libri siano immersi in una sorta di personalità collettiva che interagisce continuamente con i viventi. Simile a Frankenstein, la biblioteca personale è una creatura sorta per volontà del suo stesso proprietario/lettore/collezionista. Una creatura che può rivalersi sul suo creatore.

Recuperatelo, leggetelo e poi, se vi andrà, scrivetemi le vostre sensazioni. Perché, alla fine è vero: "I libri cambiano il destino delle persone".






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