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Il Sabba dei libri

L’Athene noctua improvvisamente si distacca da un cancello arrugginito, attraversa il fiume e, planando silenziosa, si poggia sul davanzale della finestra. Sotto la luce di una luna acquosa, i suoi occhi fusi nel sole e spenti nel mare, scrutano l’interno della casa.


Oltre i vetri, un nero immoto è calato da tempo celando tutto come un sipario di teatro. Nemmeno la falce lunare riesce ad incidere il pesante drappo, ma è mezzanotte ormai, è tempo di Samhain.


Un riverbero nell’aria che pare Eolo ma non lo è, come forza invisibile si insinua tra i battenti tanto lesto da sembrare Puck. L’etereo segugio intento a fiutare il vecchio odor di stracci e vegetali, si muove agile e silenzioso sopra le lunghe plance di quercia.


La traccia è forte, pare quella del solengo ferito a morte dallo schioppo che va a nascondersi tra i rovi del fosso alla strenua difesa della vita. Il fluttuante mistero ha un naso sopraffino, al pari di quello che precedeva di un quarto d’ora l’approssimarsi del suo padrone Cyrano.


Come il conte di Carnavon tra le sabbie di Luxor, l’entità è ormai vicina a ciò che cerca. Ne avverte la leggera fragranza di vaniglia, basta un cenno e finalmente gli spiriti d’inchiostro si libereranno dal giogo.


Un richiamo mai ascoltato da orecchio mortale si diffonde veloce risvegliando i padroni dell’immaginazione. La spessa tenebra pare ora squarciata da una luna divenuta inspiegabilmente più consistente.


Pian piano i risvegliati sgusciano fuori dagli scaffali e dai cassetti al ritmo scandito dall’irresistibile segnale. Fuori, l’antico rapace notturno, immobile si gode il preludio al Sabba dei libri.


Ad aprir le danze sono i gotici e i loro nipoti più prossimi che, di questa notte, sono i padroni. Decisi, lasciano il loro solito cantuccio riaffiorando dall’ombra alla ricerca di una vita che non c’è più.


Horace che dai bastioni di un castello salentino il gotico ci regalò. Ann attraverso la quale ci perdemmo tra le mura e i corridoi di Udolpho. Mary dalla cui penna, quella notte di tempesta in riva al lago, risorse Prometeo. Edgar in eterno dialogo con il tetro uccello d’ebano.


Henry la cui vite gira ancora tormentando lentamente il nostro sonno. Robert il cui Hyde ci urlò in faccia l’inconscio male umano. Bram e le sue creature della notte capaci di far vacillare la nostra fede. Oscar della tenebra umana messa su tela.


Howard seguendo il quale trovammo la progenie dispensatrice di follia celata tra i ghiacci eterni. Gustav e il suo informe gigante d’argilla. Shirley mai più uscita dalla casa che sana non era. Richard e il suo presagio di una violenza più praticabile della speranza.


Il conciliabolo di carta e cuoio si fa via via più folto, la frenesia aumenta, dorsi e piatti paiono fondersi in un’orgia di legature. Le paure intere dell’umanità, i suoi incubi più profondi, per qualche istante diventano un tutt’uno fatto di non materia.


L’ammasso senza forma dell’inconscio di noi mortali, non emette suoni, non ha colore. L’immonda rappresentazione delle umane angosce è ormai ad un passo dall’orizzonte degli eventi quando, il sopraggiungere dell’alba, sfalda lentamente il prodigio riportando tutto alla quiete.


Sogno? Incubo? Realtà? Non vi è perimetro chiaro che delimiti quanto accaduto. L’orologio riprende a ticchettare ricominciando a scandire il tempo che separa il mondo del tangibile dalla prossima notte di Ognissanti, la notte del Sabba dei libri.



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