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Città del Libro: Venezia

Uno dei metodi più efficaci per comprendere se un volume è stato stampato prima o dopo la metà dell'800, è osservare il colore delle sue pagine. Se la carta conserva un certo candore, molto probabilmente il libro è vecchio di almeno un paio di secoli.

Purché non lasciati per un lungo periodo alla mercé dell'umidità, dei raggi del sole o degli insetti, i libri pubblicati molto tempo fa conservano quasi intatto il loro colorito originale e, spesso, anche loro fragranza (per la gioia di tutti gli odoratori di libri, individui caduti nella spirale di quello che gli inglesi chiamano bibliosmia, ossia il desiderio irrefrenabile di annusare i libri traendone un sottile piacere).

In tempi relativamente recenti, il processo produttivo dei libri cambiò radicalmente. Quella che stava diventando a tutti gli effetti l'industria del libro, cominciò ad assegnare maggiore priorità all'efficienza (più libri in meno tempo) a discapito, spesso, della qualità effettiva del prodotto finale. Da quel momento in poi, anche il libro divenne parte integrante della produzione di massa, aprendosi a mercati fino a quel momento impensabili. Come detto, per raggiungere tale scopo, molti aspetti del ciclo produttivo vennero radicalmente rivoluzionati. Il cambiamento coinvolse anche le materie prime con cui venivano prodotte le pagine. Si abbandonarono le fibre tessili in favore dei derivati del legno.

Si, anticamente i libri erano fatti di stracci e, questo aspetto, rappresenta uno dei principali fattori che spiega il ruolo centrale giocato, nella storia del libro, dalla Repubblica Marinara di Venezia.

Nel periodo che parte più o meno dall'invenzione della stampa e si estende lungo tutto il Rinascimento, la Serenissima dominò letteralmente la scena editoriale europea e, di conseguenza, mondiale.

La stampa a caratteri mobili fece sentire i suoi i primi vagiti nella Germania nel XV secolo. Tuttavia, ben presto fu Venezia ad impadronirsi del titolo di Città del Libro per eccellenza. Verso la fine del '400, nel continente europeo circa un libro su dieci usciva da uno dei numerosissimi torchi di Venezia. All'alba del '500, in laguna si contavano a centinaia le stamperie e le librerie sorte tra le calli. Molto rapidamente, la stampa e le altre arti grafiche costituirono uno dei più floridi settori economici della Repubblica.

Come mai? Quali furono i principali fattori che contribuirono a rendere la città sospesa sull'acqua la regina delle città librarie?

Dall'impronta curiosa e liberale, intollerante alla censura, Venezia a quei tempi si caratterizzava per essere un luogo vivace, poliglotta e multietnico, crocevia di popoli e centro nevralgico dei commerci. La città annoverava tra le sue fila moltissime famiglie ricche, sensibili alla cultura e con una certa propensione al mecenatismo.

Inoltre, ieri come oggi, i libri venivano realizzati con la carta e Venezia era da tempo uno dei principali poli europei nel quale si concentravano le cartiere. Gli enormi scambi commerciali che avvenivano quotidianamente in città, riguardavano i prodotti della natura più disparata. Tra questi c'erano anche gli stracci. Tonnellate di stracci affluivano costantemente in laguna anche perché, nell'economia cittadina, il settore tessile occupava il primato assoluto.

Tutti fattori, questi, che costituirono l'humus perfetto su cui attecchì l'intera filiera del libro. Humus dal quale sboccerà il doge degli stampatori: Aldo Manuzio.

Uomo dal profilo perfettamente rinascimentale, Manuzio spinse molto verso la riscoperta dei classici. Le sue oltre cento edizioni in greco, latino e volgare, sono ancora oggi il sogno di qualsiasi bibliofilo degno di questo nome che, al solo scorgere la leggendaria marca tipografica, sente accelerare improvvisamente il suo battito cardiaco.

Se il libro è diventato alla portata di tutti, lo dobbiamo anche a Aldo Manuzio che, sovvertendo completamente la tradizione editoriale che lo aveva preceduto, immagina e realizza libri in un nuovo formato, detto in-ottavo. Per la prima volta nella storia, cominciano a circolare volumi dalle dimensioni ridotte, libri più maneggevoli che meglio si prestano ad essere trasportati e letti ovunque. I libri usciti dai torchi di Manuzio sono, a tutti gli effetti, i precursori dei libri tascabili.

Non è finita qui. Nella Venezia di Manuzio, ma anche in quella dei secoli successivi, al mestiere di libraio veniva riconosciuta una dignità elevatissima al punto da prevedere, per legge, un percorso di apprendistato della durata di cinque anni (seguito da un esame orale), necessario per potersi fregiare del titolo e aprire una propria bottega. A Venezia non era concepibile improvvisarsi librai.

L'acquatica e magica Serenissima ha conservato fino ai giorni nostri questo invisibile ma indissolubile legame con il mondo dei libri e della letteratura. Le spettacolari biblioteche che ci invidia tutto il mondo, certo. Poi le librerie, le tante librerie indipendenti. In alcuni casi, ti ci imbatti facilmente perché ormai sono state inglobate nei tour turistici, in altri devi cercarle con un po' più di attenzione scrutando nelle calli più buie o meno battute dalla massa. Alla fine le librerie di Venezia si fanno sempre trovare. I librai, come le sirene di Ulisse, ti chiamano. Le loro vetrine ti ammaliano.

Quando, aggirandoti nel tentacolare labirinto veneziano, ti imbatterai nella Mare di Carta, specializzata in letteratura per naviganti reali e immaginari, o in quel piccolo antro delle meraviglie che è la Segni nel Tempo, o nell'assortimento multiforme della celebre MarcoPolo, o ancora nella Erede Libreria Editrice Filippi con le sue proposte completamente dedicate alla città più bella del mondo, nella Studium con la sua grande collezione di volumi rivolta ai viaggiatori, nella storica La Toletta, o nella Emiliana, la più antica di tutte, nella più recente libreria & bistrot sullaluna, o ancora nella elegantissima e fornitissima Linea d'Acqua o, ovviamente, nell'iconica e viralissima Acqua Alta, ricordati che, tutte queste librerie, luoghi di trincea, fieri ed impavidi avamposti che affrontano la modernità difendendosi dalle tante minacce mentre provano a cogliere nuove opportunità, sono le più importanti tracce tangibili di un maestoso passato nel quale Venezia ha contato più di tutti in materia di libri ed editoria.

Nell'estate del 1955, il signore del fantasy J. R. R. Tolkien, annota questa considerazione tra le pagine del suo diario di viaggio: «Venezia mi è sembrata incredibilmente, elficamente incantevole – come una visione dell’Antica Gondor, o di Pelargir dalle Navi Numenoreane, prima del ritorno dell’Ombra».

Nell'immenso universo creato dal professore di Oxford, Gondor rappresenta il più glorioso e florido tra i regni umani sorti nella Terra di Mezzo, nonché principale baluardo all'avanzata dell'oscurità attraverso la quale, Sauron mira a soggiogare il corpo e lo spirito degli uomini.

Tolkien aveva ragione, da un certo punto di vista, in un lontano passato di cui per fortuna conserviamo ancora importanti tracce, Venezia è stata davvero la Gondor degli uomini.





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